Dove finisce il tuo cammino sei tu la meta”
Alejandro Jodorowsky
La parola camminare deriva da cammino ed è una parola universalmente riconosciuta dalle lingue latine e che indica il passo, il movimento della gamba che innesca il deambulare umano.
Il cammino sta tornando di moda in un’epoca in cui la risorsa più importante da trovare è diventata il tempo.
Sono tante le motivazioni che spingono a camminare, spesso è considerato un vezzo, un modo per tenersi in forma, ma anche una forma di riconoscimento sociale. Oggi camminare è mediaticamente sostenuto e riconosciuto. Però, camminare è anche una parola abusata e dai moltissimi significati.
Il cammino indica certamente il mettersi in movimento, ma da un punto di vista figurato rappresenta anche la crescita e lo sviluppo di un individuo.
Certamente la parola camminare ha accompagnato lo sviluppo del genere umano, ma ha anche un altro significato: «Camminare significa aprirsi al mondo. L’atto del camminare immerge in una forma attiva di meditazione che sollecita la partecipazione di tutti i sensi» ha scritto David Le Breton, «si cammina per nessun motivo, per il piacere di gustare il tempo che passa, per scoprire luoghi e volti sconosciuti, o anche, semplicemente, per rispondere al richiamo della strada. Camminare è un modo tranquillo per reinventare il tempo e lo spazio. Prevede una lieta umiltà davanti al mondo».
Nella nostra società anche lo spazio è stato ridotto ai minimi termini e, in particolare, rappresenta quasi sempre un ingombro, oggi ci si sposta da un luogo all’altro della terra cercando di ridurre al minimo lo spazio che separa i luoghi e il tempo necessario a percorrerlo. Eppure lo spazio non è solo lo sfondo del camminare, non ne è solo la scenografia, ma è il cammino stesso e il tempo è lo spazio interiore che si dedica a sé stessi.
Inoltre, camminare non è avere una meta sicura – sostiene Duccio Demetrio e quindi il cammino diventa una forma di scoperta e se si pensa al concetto di camminare come è stato sempre inteso nei secoli antecedenti all’introduzione dei veicoli a motore, certamente lo è stato. Il camminare è sempre stato una necessità, ma anche la prima forma di esplorazione, dove attraversare un territorio significava venire in contatto con esso e provare a conoscerlo intimamente. E conoscere e attraversare un territorio era anche un modo per conoscere sé stessi più profondamente. Non è un caso, infatti, che già i filosofi greci sostenessero che deambulare, camminare era il vero rimedio per i mali dell’anima.
In questa epoca mettersi in cammino è la vera fatica, il vero sforzo…lasciare ciò che ci da sicurezza per ciò che non conosciamo e certamente oggi non è più una necessità.
Oggi a causa del Covid 19 e della sosta forzata dovuto al Lockdown molte persone hanno riscoperto la bellezza e l’importanza di un gesto semplice come il camminare. Diventato simbolo anche di libertà, di apertura all’esterno, di contatto con la natura.
Noi di Rebel siamo convinti che camminare sia una pratica molto interessante per aiutare gli individui a scoprirsi e riscoprirsi. Per questo motivo abbiamo pensato e progettato, oltreché teorizzato in un libro, un vero e proprio laboratorio di sviluppo personale che si concretizza attraverso due/tre giornate di cammino.
Un tempo sufficiente per conoscersi, riscoprire e riappropriarsi dei propri tempi di vita e dei propri luoghi per renderli abitabili. Il cammino, l’andare, il vagabondare consente l’esplorazione di più dimensioni, sia interne che esterne.
Tratti dal libro: Camminare, pensare, immaginare… tempi e luoghi dello stare e dell’andare
Il cammino, per sua conformazione, ci costringe a confrontarci con noi stessi e ci mette nella condizione di misurarci con la Natura, facilitando il nostro riconoscerci e poterci interrogare su chi siamo e su come stiamo.
Certamente, il percorso per riconoscere sé stessi e per accettare gli altri con le loro imperfezioni non è né semplice, né veloce. Richiede comunque impegno e dedizione, anche se il primo passo per poter affrontare qualunque problema è la propria consapevolezza.
Per poter trasformare la consapevolezza in azione ci serve un’altra importante caratteristica: l’intenzionalità. Ed è proprio questo movimento verso l’altro e verso noi stessi, cioè l’intenzione di conoscere di più, unito all’autenticità, che si matura durante il percorso, che possiamo costruire relazioni di fiducia verso noi stessi e verso gli altri.
Il legame con gli altri, anche se intorbidito dalla debolezza e dalla finitezza di entrambi, risulta però uno stimolo forte per riconoscere sé e riconoscere l’altro, è una tensione tra due parti che non hanno la certezza di convergere, ma che scommettono sulla loro convergenza. Ed è proprio questa convergenza che diventa elemento di arricchimento e di sviluppo personale: incontro, scontro e confronto che arricchiscono e, quindi, permettono di svilupparsi, di crescere.
In realtà, l’uomo ha bisogno di relazione, ha bisogno di alterità, ha bisogno di diversità, altrimenti la sua propensione a crescere a trasformarsi sarà molto limitata, se non addirittura nulla.
Dal punto di vista della possibilità di trasformarsi, di svilupparsi, di crescere, il rapporto intimo che si intrattiene con il proprio sé e con l’altro durante un cammino, facilita notevolmente queste opportunità. Anzi durante il cammino abbiamo la possibilità di scoprire e di scoprirci in modo profondo e autentico.
